C'era una volta, in un tempo prima del tempo,quando gli animali parlavano con gli uomini e si scambiavano doni, una regione dove la luce piena non esisteva e gli abitanti vivevano in un perenne crepuscolo K-Paxiano. Le persone di questo luogo senza nome, non per questo,  potevano dirsi altrettanto oscure e restie a manifestare i propri sentimenti, anzi, si potrebbero rapportare a quelli che, al giorno d'oggi, possiamo immaginarci, come degli irlandesi nei pubs pomeridiani di Cork. Questi abitanti non erano vestiti in un modo particolare, come uno magari s'immaginerebbe date le condizioni di vita della regione, ne parlavano una lingua troppo differente da quelle delle zone limitrofe tuttavia, l'unica fondamentale differenza tra loro e tutto il resto del mondo, era appunto, la loro capacità di adattamento alla vita in penombra. Inutile dire che non esistevano negozi che vendessero occhiali da sole e quindi, non esistevano mercanti che copiavano Gucci piuttosto che Ray Ban ne immigrati che smerciassero tali merci dedicandosi comunque, al mercato delle borse contraffatte, che invece era fiorente come in tutta la regione. Questa popolazione era dedita a tutte le attività sociali del mondo e, per alcuni aspetti, per loro, che vivevano nella costante paura che da un giorno all'altro la notte diventasse eterna, ritrovarsi era fondamentale, forse per esorcizzare insieme quella paura. C'erano le stagioni come in tutto il mondo e la notte arrivava ma, con loro  enorme gioia, non durava mai più di qualsiasi notte del mondo.

Un giorno una ragazza, la figlia del venditore di fotocopie della capitale, una ragazza sveglia dal nome Vilsia, lesse, su un antico libro (rigorosamente fotocopiato) riposto nello scaffale più alto della vecchia libreria di famiglia, sulla possibilità di creare, con la tecnica, la luce. Inutile dire che nessuno sapeva cosa fosse la luce poiché nessuno l'aveva mai vista, dato che tutti erano nati nella penombra o nella notte e tutti erano del tutto adattati a queste condizioni. Ma Vilsia, una ragazza che amava correre in bici, fare yoga e soprattutto scalare montagne, piena di vita da vendere, s'incuriosì a tal punto che volle andare a fondo di questa storia. Così lesse di un luogo, nella sua regione, dove era possibile trovare tutto il necessario per vedere luce. Questo era un luogo, a dire il vero, molto lontano, su una cordigliera di montagne da sempre, a memoria d'uomo, osteggiata per tradizione dalle genti di quella regione. Ma Vilsia era troppo curiosa e poi lei aveva girato con le sue scarpe ed il suo sudore, tutte le regioni montane della sua regione, tranne quella che sembrava nascondere i segreti più profondi della sua terra. Fu così che organizzò il suo viaggio.

Inutile dire che quando manifesto le sue intenzioni alla famiglia prima e alle persone che le erano vicine dopo, le reazioni andarono dallo sgomento della madre (che per l'occasione le regalò l'ennesimo rosario "porta fortuna"), alla finta indifferenza del padre (che conoscendo il suo lato indomito, non avrebbe ottenuto che l'effetto contrario, impedendole di partire), alla reale indifferenza emotiva del suo "ragazzo" tale Teotam. Così, tra lacrime, rimproveri, raccomandazioni e quant'altro la bella Vilsia parti e, per suggellare l'importanza che questo viaggio aveva via via iniziato a prendere, decise di tagliarsi i capelli in un corto stile trandy...molto lontano stilisticamente da quello delle sue genti.

La nostra ragazza, il cui nome significava, nell'antica lingua dei Lung-Bard "luce negli occhi", si incamminò, conscia di saper affrontare tutte le difficoltà di un viaggio tanto lungo, irto di pericoli e senza alcuna possibilità di confort. Marciò,  camminò e si arrampicò scalando decine e decine di miriametri, in tutte le direzioni e di tutte le pendenze. Marciò per miliardi di miriametri e più di una volta fu sul punto di abbattersi e di tornare indietro dalla sua famiglia, dal Teotam,  di tornare ai luoghi che le ispiravano confort e benessere, come la grande bottega di KEIA, dove trovava sempre tutto ciò che volesse. Ma la nostra Vilsia, ad ogni ostacolo superato, sentiva dentro di se la voglia di andare avanti e, anche se lontane, notava  le vette più alte farsi sempre più maestose, segno che era a buon punto.

Lungo il cammino, dopo ancora giorni e giorni di marcia, notò, tra la notte eterna di quei luoghi uno strano bagliore su una delle decine di vette e fu così che scelse dove indirizzare il suo viaggio. Ma la montagna era enorme e praticamente impossibile da raggiungere con un sentiero, così le furono molto utili i rampini ed il materiale da scalata che aveva deciso di portare con se all'ultimo minuto. Salì...salì....e poi salì ancora e fu mentre saliva che, proprio allo scadere della mezzanotte, dovette ripararsi in un anfratto della parete per via di una tormenta. Fu così che, tra il fischio del vento gelido, raggomitolata nel suo plaid arancione, che nella sua casa teneva sempre ai piedi del letto, che si addormentò, legandosi saldamenti ai ganci infissi nella parete rocciosa.

Quando la nostra intrepida ragazza si svegliò, erano le sei del mattino e le mancarono tantissimo le sue colazioni a base di yogurt e fiocchi di frumento e tisane calde...mentre, usualmente, leggeva storie avventurose del suo intrepido personaggio preferito  Reuab Kcaj. Ma, superato il piccolo trauma, nuovamente senti la voglia di andare avanti, sentiva che c'era un motivo per cui lei e solo lei stava intraprendendo quel viaggio che mai nessuno della sua gente aveva avuto voglia, coraggio o curiosità di fare. Così ricominciò a scalare ed in modo assurdo, quasi come fosse la cosa più inverosimile del mondo, le pareva che man mano che scalasse la parete, il cielo divenisse meno crepuscolare. Poteva vedere le stelle affievolirsi fino a sparire in un azzurro sempre meno blu e sempre più celeste, fino a che, girato l'ultimo costone di roccia, le sembrò di essere in un sogno tanto era assurdo ciò che stava osservando.

UNA SFERA ACCECANTE!

Lì, nel mezzo del niente, una sfera che non era possibile guardare direttamente, tanto era luminosa. Fu solo allora che capì coi i suoi occhi il concetto di luce. Poi, superato un po’ lo shock, l'emozione e la totale mancanza d'abitudine a quella che era la cosa più assurda del "SUO" mondo, inizio  a rendersi conto del paesaggio  ed, in un solo istante, le fu chiaro tutto.

Tutto il mondo le si apriva in tutte le sue spiegazioni, tanto semplici e lampanti nella forma, quanto devastanti e profonde nel contenuto. Da lì, da quella enorme catena montuosa, poteva vedere il mondo per miliardi di miliardi di miriametri. Da lì poteva rendersi conto di quanto il suo viaggio tanto periglioso, lungo e faticoso, altro non fosse che una passeggiatina primaverile in un parchetto, paragonata alla vastità di territorio che poteva dominare adesso. Tutto era in luce. Poteva vedere a Nord delle immense catene montuose innevate...lontane mesi e mesi di marcia. E a Est dipanarsi in lontananza un grande mare. E a Sud foreste, qua e la deserti e, in tutti questi territori, una miriade tra immense città e villaggi e paesi affatto diversi dal suo. Questo pensiero le fece ricordare di voltarsi ad Ovest, le fece ricordare perchè fosse lì, da dove fosse partita per magari ,cercare un senso alla faccenda. Fu così che si voltò e capì.

UNA IMMENSA; PROFONDA; SCONFINATA…CONCA!

Tutto il suo mondo, tutte le vite che lei conosceva, i luoghi che aveva visto, vissuto, amato,  non erano altro che nascosti al vero mondo, che era quello della luce. Tutti vivevano in un luogo dove, al massimo, arrivavano le BRICIOLE della luce del mondo e la gente, la sua gente, si era così abituata a quelle condizioni, da accettarle come normali, come vitali, come indiscutibili e magari, i divieti tramandati per secoli, quelli che impedivano di raggiungere quelle montagne della luce, erano stati tramandati da quei pochi che, pur sapendo la verità, avevano preferito non scoprire la luce, ma nasconderla, come se fosse inesistente.

A quel punto alla nostra Vilsia vennero in mente tutte le ipotesi, tutte le azioni che avrebbe potuto compiere: tornare, raccontare o almeno provarci.

"Ma poi! Mi crederebbero? Mi prenderebbero per matta! Si sa! In un mondo di mostri, il mostro è l'uomo normale...mi farebbero rinchiudere da una psichiatra! Si sa come sono quelle!"

Pensò a tutto, a TUTTI, al mondo di cose che non conosceva del mondo che non conosceva. Guardò a SUD, in lontananza vide un uomo dall'età indefinibile, dal viso fatto di luce, una luce che non aveva mai visto, una luce che si confondeva con i suoi lunghi capelli rossicci, dagli strani disegni sul corpo, retaggio forse di qualche credenza di quel mondo di cui non sapeva nulla. L’uomo la guardò dandole il benvenuto in quel nuovo mondo con un sorriso di spuma di mare.

Vilsia guardò a Ovest! Guardò la penombra! La mancanza di luce! Di colori! Si ricordò dell'indifferenza e della diffidenza. Pensò solo per un attimo ai suoi genitori poi, sorridendo come solo lei sapeva fare...s'incamminò

verso SUD