Dialoghi Interiori: sulla vulnerabilità.

 

…nel buio, la luce dei lampioni disegnava le sagome che si stagliavano contro la vetrata rigata di pioggia lenta…

L’uomo era ad un respiro dalla donna. Passò il palmo della mano destra sul braccio sinistro e nudo della donna. Lo passo due volte andando dalla spalla al gomito. Andata e ritorno. Guardando incuriosito quel gesto come se a farlo fosse stato qualcun altro. Come se si aspettasse una reazione inaspettata.

La donna, col mento in basso verso la spalla toccata, osservava i ricami che la pioggia proiettava dalla vetrata sul braccio dell’uomo…e sentiva un brivido liquido scendere dalla schiena fino ai fianchi e da li tra le gambe. Mentre la mano afferrava il fianco destro dell’uomo.

...tutto questo silenzio camminava in punta di piedi e con le scarpe in mano per non far rumore, sul suono della pioggia battente e sulla voce di Sade che veniva lenta, anima e insinuante dall’altra stanza…

…”JEZEBEL”…

Lui si avvicinò di un altro mezzo respiro, prese lento il polso della donna e lo passò piano dietro la schiena di lei...     co-stretti.

Lei alzò appena lo sguardo, quasi stanca, quasi al rallentatore, quasi profondazzurro come i suoi gattocchi.

Lui abbassò appena lo sguardo, quasi sicuro, quasi dilatato, quasi verde come le sue iridi di speranze.

Abbassò ancora un po’ guardando il semirespiro tra loro due e disse: “Tu cosa vedi?”.

Lei guardò tra loro due e disse: “Una donna ed un uomo nudi.”…”Tu cosa vedi?”.

La guardò dritto e rispose lento osservandole il collo su cui una vena pulsava regolare come il suo cuore…le accarezzava la schiena…

“Siamo scalzi con i piedi nudi che toccano la stessa terra di cui siamo fatti noi…la stessa terra che un giorno ci ha messi al mondo e a cui, un giorno, torneremo…siamo stati prestati…siamo stati prestati l’uno all’altra.”

Un lampo illuminò la strada e le parole sembravano scendere senza un percorso stabilito come le gocce sui vetri…il tuono che arrivò poco dopo le fermò per lo spavento.

In un attimo, ora, tra i due neanche un quark di spazio. Si respiravano le labbra ed i pensieri condivisi. La pelle e le parole non pronunciate. L’abbraccio stretto e i battiti.

Lui la guardò ancora…le lesse gli occhi…e disse: ”A cosa pensa la tua donna nuda e scalza quando guarda con i tuoi occhi azzurri?”.

Lei esitò solo per prendere un respiro abbastanza lungo che le garantisse di non fermarsi per respirare…e disse, lenta come un passo di danza su fado portoghese…: ”Pensa che vorrebbe essere libera…libera di darsi totalmente a qualcuno senza paure…senza alcuna paura…libera di saper pensare a cosa tu stia pensando in ogni momento senza chiederlo…libera di poterti dire quello che provo senza vergogna…libera di essere forte delle mie vulnerabilità…delle mie debolezze…delle mie fragilità…libera di essere libera…di poter essere la madre e la figlia di me stessa senza avere un padre da accontentare o un figlio da accudire come uomo…questo penso…e la mia pelle ne è testimone!

Ogni brivido sulla mia schiena, ogni goccia di sudore, ogni umidità del mio corpo dice quello che penso e mi chiede di chiederti…vuoi prendere tu la prigionia a vita della mia libertà?”.

La notte intorno ai lampi era come il silenzio tutt'intorno alle parole...

La risposta dell’uomo arrivò senza aspettare di prendere fiato…scese lenta come la pioggia sui vetri e si perse tra i tuoni lontani di Febbraio che annunciavano che la tempesta stava passando…la risposta si perse…e non sarò io a riportarla…perché è ancora li…

…tra la pioggia che cade.